
1 Giugno 1973. C'è una festa, c'è uno uomo che cade da un altezza di quattro piani. Si rompe la spina dorsale, rimarrà paralizzato dalla cintola in giù. Per uno uomo qualunque è un dramma, per un batterista, se si può, lo è ancor di più. Specie se il batterista in questione è uno dei padri del Canterbury sound ( batterista con i Wild Flowers, Soft Machine, Matching Mole, autore tra l'altro di Moon in June, una delle canzoni più belle di sempre ), uno dei musicisti e compositori più geniali del '900. Nel 1972, Wyatt è a Venezia, con la sua compagna Alfie e inzia a lavorare ad un disco solista. Ma successivamente, dopo la tragedia, il lavoro ha una trasformazione, il dramma di Robert entra con prepotenza nella stesura dei brani. Nasce " Rock Bottom ". Che parla del profondo, del mare, dell'anima.Il disco è in parte scritto prima dell'incidente, in parte negli otto mesi in ospedele che seguirono e registrato in uno studio volante nei pressi del cottage dove Wyatt si era ritirato. E' un disco solitario, sicuramente non pomposo, ma ricco di "mani esterne ": tanti saranno infatti i musicisti, tra i migliori della scena, ad impreziosire ancora di più questo gioiello.Si parte dal fondo quindi, da fondo del mare con "Sea Song ". Le tastiere, quasi sempre suonate dallo stesso Wyatt, forniscono l'atmosfera che sarà caratteristica di tutto l'album. C'è anche un tamburello e un basso efficace ed originale. Ma soprattutto c'è la splendida voce, unica, di Robert Wyatt. Che rincorre se stessa, come pesci che si inseguono in mare. Sembra di essere nel fondo degli abissi, l'acqua con i suoi rumori, ci avvolge. La vena e le origini jazzistiche di Wyatt emergono con il secondo brano, " Last Straw ", il basso caratterizza e da' spessore al pezzo : le atmosfere si incupiscono, qualcosa sta cambiando.Arrivano i fiati di Mongezi Feza, è " Little Red Riding Hood Hit the Road ". I vocalizzi e le trombe si rincorrono, i non-sense del testo sembrano calzanti più che mai, la musica si agita, si sta agitando il mare, melodie e armonie semplici e complesse fanno a gara per primeggiare. Forse è l'incontro con se stesso, nella profondità dell'anima.Ma dopo aver toccato il fondo, c'è la speranza nella vita, arriva "Alifib/Alifie", forse il momento massimo del disco. Dedicata in modo evidente alla sua compagna, si apre in maniera geniale: non potendo dare più il ritmo con la sua batteria, Wyatt lo farà con il respiro, sussurrando "Alifie". Una canzone meravigliosa, un amore che non ha parole per spiegarsi, il testo è praticamente ( o apparentemente ?) senza significato, "..And nit not, nit nat not.." canta Wyatt. Ma che succede ? "Alifib " si trasforma, diventa una folle dichiarazione d'amore, agitata, frenetica: della dolcezza della prima parte c'è qualcosa, ma tutto si deforma: ci penserà Alifie a rispondere a Wyatt, "non sono la tua dispensa...sono Alife , la tua guardiana ". Siamo alla fine del viaggio, con " Little Red Robin Hood Hit The Road ", elogio della follia, che porta ad una felice risalita. Il brano splendido, arricchito dalla chitarra di Mike Oldfied, cambia in modo vertiginoso, per finire in risate.Il disco, musicalmente è superbo, attualissimo, e non poteva essere altrimente se pensiamo che oltre alle tastiere suonate dallo stesso Wyatt ci sono il basso di Hugh Hopper e richard Sinclair, i citati Mongezi Feza alla tromba e Mike Oldfield alla chitarra elettrica,Gary Windo al sax e clarino ( quello di di "Alifie" anche se non sembrerebbe è un clarinetto...) e d altri. La produzione poi, è di Nick Mason, batterista dei Pink Floyd."Rock Bottom " come tutti i lavori introspettivi, può dare diverse sensazioni, diverse emozioni. Ognuno lo sentirà in maniera diversa. Ma, probabilmente, non tutti possono apprezzarne il valore. Non è per tutti, per fortuna.
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