lunedì 24 novembre 2008

Silence Is Wild - Frida Hyvönen ( 2008 )


Il mondo musicale svedese conferma la sua vivacità, con una certa scena indie che diventa sempre più protagonista, al jazz d' avanguardia, oltre all'ormai classico metal scandinavo si affianca ora un nuovo songwriting, degno di nota. Tra questo, non si può non parlare di questa cantautrice che da pochissimo ha pubblicato il suo terzo album : Frida Hyvönen con il suo Silence Is Wild pubblicato dalla Liking Fingers.
La biondissima cantautrice è al suo terzo lavoro, pregevoli anche i primi due : il minimale e delicato Until Death Comes del 2005 e il successivo Frida Hyvönen Gives You: Music from the Dance Performance PUDEL disco del 2007 più orchestrale, nato in origine come musiche per uno spettacolo teatrale. Ma con questo Silence Is World, siamo di fronte ad un evidente salto di qualità. La trentunenne svedese ( ma di padre norvegese ) ha raggiunto un significativo livello di maturità sia nel canto che nella composizione.
In un mondo rumoroso, il Silenzio è un elemento portante dell'album, l'uso del silenzio, delle sue pause. I temi trattati, spesso autobiografici, sono semplici, come apparentemente semplice è la sua musica : storie d'amore, vive quanto timide, ricordi familiari, ma temi anche più forti, come l'anoressia. I brani sono tante piccole perle, sempre equilibrati, senza inutili e forzati eccessi. Sicuramente l'apertura del disco, con l'autobiografica Dirty Dancing mette in mostra tutte le caratteristiche di Frida Hyvönen, una prima parte che porterà i nostri ricordi ai momenti pianistici di Joni Mitchell in Ladies of The Canyon, con un ritornello più “anni 50 ”. Highway 2 u è struggente quanto raffinata, brano senza dubbio tra i momenti più emozionanti di un disco emozionante. London! è una dedica ad una Londra che forse non c'è più, alla quella città dei gentlmen e dei loro clubs. Affascinanti le contemplazioni scientifiche di Science come anche Oh Shangai e Sic transit gloria dove il connubio tra piano e voce ci regala momenti delicati ma mai scontati.
Riecheggeranno nella nostra mente artiste come Joni Mitchell, Laura Nyro e forse anche Sandy Denny, ma dato che non si tratta assolutamente si volgari scopiazzature, ma più che altro di sincere “ suggestioni “, il giudizio su questo disco e su questa cantautrice è più che positivo. Non ci rimane che andarla ad ascoltare ( sarà in Italia il 12 dicembre, a Ravenna ) dal vivo, dove poter godere del suo pianoforte e della sua bellissima voce.

martedì 11 novembre 2008

Neptune City - Nicole Atkins ( 2008 )


Perchè dedicare un disco ad una paesino del New Jersey di poco più di 5000 anime ? Perchè ci vive Jack Nicholson ? O Danny De Vito ? Perchè ci è nato Bruce Springsteen?
Lei non lo ha fatto per questi motivi. Lei in quel paesino ci è nata, è cresciuta, si è formata e ne va così orgogliosa da dedicargli il suo primo disco.
Non si tratta dell'ennesima pop-girl made in Usa, iperprodotta e “sintetica”, dell'ennesima falsa rock-girl dissoluta sbandata, ma di una cantautrice purosangue, come da tempo non se ne sentivano. Nicole Atkins definisce se stessa come una cantautrice pop-noir e ascoltando il disco, questa pare una giusta – seppur semplicistica – definizione.
Il disco racconta di uno spicchio di mondo, che parte appunto da Neptune City, parte dalla vita della stessa Atkins, da queste piccole storie che potrebbero essere le storie di molti. Il tutto, in una chiave a volte ironica, molto spesso malinconica, sempre emozionante. L'atmosfera musicale è varia, ma tenuta insieme da uno stile molto personale. E' presente un certo country, psichedelia '60, atmosfere da musical, tracce di soul, ma la personalità di Nicole Atkins emerge e lega alla perfezione il tutto.
Diretto, molto orecchiabile e coinvolgente è il pezzo che apre il disco : Mayebe Tonight, dove ritornano alla mente le Ronnettes, uno dei momenti musicalmente più “facili”del disco, ma non per questo di minore qualità. Strana la sensazione di gioia e malinconia che il brano riesce a suscitare, nel suo domandarsi se “cogliere l'attimo”. Passa piacevolmente l'ascolto di Together were both alone, che con il suo pomposo arrangiamento ci porta ad uno dei brani più belli ed emozionanti del disco, passato qualche volta per radio ( fortunatamente, anche se spesso a notte fonda )e anche in nei canali musicali televisivi ovvero The Way it Is : musicalmente legato ad una certa tradizione americana ( come detto in precedenza, tra musical e '60 ), qui la voce di Nicole Atkins si esprime con una forza ed un vigore davvero emozionanti, il timbro è davvero bello, lontano da quegli “squittii” oppure da inutili e forzati “gorgheggi” che spesso si è costretti ad ascoltare. Una storia, una storia d'amore, di tormento e di ricerca interiore, ma tutta molto “noir”.
Cool Enough, il cui testo, sempre ispirato da storie reali, tratta della percezione e del giudizio sulle persone che cambia dopo alcuni eventi: ispirata ad un professore finito in carcere dopo una relazione con una sua allieva mantiene musicalmente un livello molto alto, ricca di arrangiamenti, ad un intro cupo e quasi ipnotico, si arriverà ad un finale pieno, coinvolgente. Dopo la bella e malinconica ballata War Torn e Love Surreal ( brano di cui non avremmo sentito forse la mancanza ), si arriva alla bellissima Neptune City, struggente dedica dark alla sua piccola città, e a tutti quei microcosmi che tanto influenzano la vita di ciascuno di noi.
La sdrammatizzazione arriva con i cori di fanciulli di Brooklin's On Fire, mentre Kill the Headlights è quasi un ponte, tra l'oggi e le sonorità sixties del finale del disco, quella Party's Over dalla voce sognante ma mai flebile.
In questo disco, ricco di suggestioni, troviamo tanti riferimenti ( si potrebbero aggiungere i Mamas and Papas, Roy Orbison, Badalamenti ecc. ) ma è certa l'originalità, come certa è la classe vocale , compositiva e il fascino di questa nuova regina, non del pop ( giammai!), ma del Pop-Noir.

martedì 8 gennaio 2008

Concerto Grosso - The Seven Season - New Trolls 2007


Dopo quarant'anni di carriera - fatta di divisioni, alti e bassi, luci ed ombre, capolavori e momenti più "easy listening" - , tornano i New Trolls con i leader Nico Di Palo e Vittorio De Scalzi, a cui si affiancano i nuovi componenti della band. La band genovese torna con un nuovo lavoro e per farlo sceglie la strada più difficile, quella del ritorno al progressive ed in particolar modo, il ritorno a quel "concerto grosso" che è stata una delle tappe fondamentali non solo del gruppo ma della musica italiana più in generale.
Il disco è molto curato, bella la copertina, kitch quanto basta. I brani sono composti da De Scalzi e Di Palo, con i testi per la maggioranza in inglese, di Shel Shapiro. Partecipano al disco ospiti importanti, provenienti per lo più dal mondo classico.
Il disco si ascolta con un certo "timore", dato che viene naturale il paragone con i precedenti lavori del gruppo ( Concerto Grosso numero 1 del '71 e in misura minore, il numero 2 del '76).
Il disco si apre con "The Knowledge", piccola overture dove le caratteristiche del concerto grosso emergono subito : contrappunti tra archi e strumenti elettrici, con il flauto di De Scalzi
subito in evidenza. I suoni di chitarra elettrica, affidata ad Andrea Maddalone sono molto aggressivi e moderni, i suoni degli archi sono molto puliti ma non freddi. Una efficace introduzione strumentale. Si passa quindi ad una ballata, "Dance With The Rain". La voce è di De Scalzi, le armonie non sono originalissime, ma il flauto ed i cori ci riportano indietro nel tempo, sono i New Trolls che "fanno" i New Trolls. Il brano sarà ripreso alla fine del disco in una versione in italiano dal titolo "So Che Ci Sei". Le atmosfere barocche tornano con "Future Joy", uno scherzo che vede un gran lavoro con gli archi, l'oboe e la chitarra elettrica, il cui suono è forse un po' troppo "metal". A questo punto entriamo nel vivo del disco, con la cadenza di violoncello "High Education" che fa da introduzione a "The Seven Season" : l'accompagnamento principale è affidato proprio al violoncello, a mo' di chitarra elettrica. Arrivano, con prepotenza i cori dei New Trolls, sempre eleganti, sempre armonizzati alla perfezione. Belle le melodie della chitarra elettrica. Di Palo però, sarebbe stata altra cosa. Non ce ne voglia il chitarrista Maddalone, a cui va tutto il nostro apprezzamento per aver avuto il "coraggio" di sostituire alla chitarra Nico Di Palo, il quale possedeva uno stile molto personale e davvero apprezzabile (dopo l'incidente di diversi anni fa, Di Palo si limita alla composizione, alle tastiere ed al canto). Nel pezzo, si sentirà la voce recitante di Shel Shapiro.
Il larghetto di "One Magic Moment", ballata dalle belle melodie che vede il soprano Madelyn Monti come ospite, non puo' non farci tornare in mente i duetti Mercury-Caballè, ma i cori e le musiche in stile Trolls, danno al pezzo luce e vita propria.
"Barocco 'n' Roll" è forse troppo “malmsteeniano”, fortunatamente, ci sono stati risparmiati i "tipici" assoli chilometrici di chitarra. I momenti con gli archi si fanno apprezzare.
Dopo un intruduzione di chitarra classica, semplice ed efficace si passa a "Testament Of The Time", classico andante, in linea con i precedenti Concerto Grosso 1 e 2. Le melodie, anche se non passeranno alla storia per originalità sono bellissime, i cori sempre puntali e perfetti, Vitanza con eleganza arrichisce il pezzo con pochi e misurati fill di batteria : il pezzo è davvero bello. Una tipica "drammaticità" alla New Trolls.
Con "The Ray Of The White Light" il gruppo ci dice che erano e rimangono tra le migliori voci del panorama italiano : la voce di De Scalzi si è fatta con il tempo ancora più calda e matura e i tipici falsetti armonizzati ci sono tutti, fluidi ed avvolgenti come sempre.
Altro adagio, con "To Love The Land", splendida ballata dalla belle armonie a dalle melodie eleganti ed orecchiabili. I cori arrivano puntuali nel ritornello, come i cambi di tonalità. Gli interventi di chitarra elettrica sono centrati appieno.
Il piano preludio di "The Season of Hope", vede una introduzione di piano molto bella (ricorda alcuni lavori di Keith Jarrett), poi arrivano gli archi, la tensione aumenta ma per ritornare subito alla tranquillità di sonorità quasi jazzy. Il pezzo si lega al successivo "Simply Angels", una piccola suite di poco più di sei minuti, dove la band si sfoga con i musicisti che mettono in mostra la loro bravura ( le atmosfere sono da Concerto grosso 2, specie per i cori). Il pezzo è vario, negli arrangiamenti e nelle armonie, i riff sono accattivanti : siamo in pieno progressive.
La tranquilla canzona "Ethix" chiude questo lavoro.
Un disco che sarebbe potuto essere un semplice "amarcord" ma che invece vede sonorità moderne oltre alle caratteristiche della "sigla" che qui vengono riproposte : le aspettative di si accosta a questo disco vengono soddisfatte. A questo terzo concerto grosso si sta anche affiancando una nuova stagione live della band, con concerti di taglio rock-prog.

I New Trolls sono tornati. Evviva i New Trolls.